Mercedes con morte recente: è Pasqua
Naso storto, occhi veloci, andatura frenetica e ben orientata: è il capo di un'officina Mercedes. Domani l'altro mi restituisce la vecchia auto di mio babbo - che è morto meno di due mesi fa, fra orrore e altro orrore - perché non è riuscito a ripararla ed ha solo sostituito la batteria. Morire, capite? Si tratta di questo, in pieno effetto. La storia è quella di tragedia e guerra, una millesima narrazione di corpi in corso di esanimazione ed armamenti utili a mortalizzare il vivente, malattie di violenza. Cazzi di gomma su pavimenti di marmo a scacchi. Di distruzione intorno, interiore come un viscere piegato fin dentro il ventre. "Buongiorno, è pronto?". Pelle ancora giovane, nasetto semi-perfetto, romana non romanaccia, madre, sulla trentina, coda di cavallo e bassa statura. Faccina da bambolina. "Sì, un attimo e arrivo da te". Per lei un caffè macchiato, per lei una ciambella alla crema, per lui un ginseng, per te un'acqua minerale. E fuori le buche, la motorizzazione civile, la giornata dove piove e siamo tutti un po' tristi. I vili e rozzi operai - fanculo, lo sono davvero, con quelle loro divise da lavoro esibito, quelle mani callute e l'andatura stancata - che mangiucchiano dalla fighetta in pannuccia nera per tirarsi su di morale. "Ecco la tua cesta, 35 euro". La prendo. La impugno d'oltre alla cassa e me ne vengo via. Peraltro non lontano dall'officina Mercedes. Poi la porterò alle suore, le amiche di Dio. "Non smetta! Non smetta di scrivere... la sua scrittura trasmette quello che diceva Céline... è un cazzo fritto, la vita!". Ho disubbidito anche se non era un ordine. Come tutti non ho del resto tema della morte. Ma di morire: è tutto.
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