Una giornata normale
Fra poco più di un mese avrò l'esame parziale di anatomia, ossa e muscoli. Non mi ricordo nulla e già ho deciso che mercoledì mattina, all'incontro da favorito che avrò con uno degli ordinari, darò tutta la colpa all'En - per gli amici Delorazepam - che mi dà amnesia e insomma non mi fa ricordare le decine, centinaia di nozioni necessarie a superare l'esame con dignità. Scriverò pertanto a caso, come facevo da giovane e scapestrato, quando ancora non avevo capito quanto mi sarebbe costato vivere in quel modo sbagliato. Il peroniero breve, quello lungo, l'estensore lungo dell'alluce, il flessore lungo delle dita, il quadrato dei lombi e il quadrato del femore. Il magico ileopsoas, l'inevitabile tensore della fascia lata e ultimo ma non meno importante il sovraspinato, che se la gioca quanto a tirarsela sui tendini con il trapezio e il sottoscapolare. Per non parlare del romboide, del diaframma, del coracobrachiale e di quella maledetta testa di cazzo del grande gluteo, che sarà pure il muscolo più forte di tutti ma ha un'origine complicatissima e insomma già che devo sapere tutti quelli dell'avambraccio - sono ben venti! - che se ne andasse affanculo e pazienza se uno poi dopo non può più camminare. Ad agosto avrò l'età dei gatti sul tetto. Sono solo. E non riesco a prendere le cose positivamente; cosa che secondo me, invece, fa l'elettrone che difatti è fatalmente attratto dai protoni, che come cose sono decisamente positive. Ora, voglio dire, battute penose a parte, sono un uomo di mezza età senza un quattrino che insegue il sogno - ma è il mio sogno? ah, saperlo, lo scoprirò di fronte al primo paziente che mi piscia in faccia il sangue dall'arteria succlavia - di diventare anestesista. Se tutto va bene, ci vogliono appena altri nove anni. Nel frattempo, mi pare che Gesù Cristo non sia - o non sia stato - Dio. Ho provato, stancamente, a frequentare gli ambienti dei sui maggiori fan. Ma mi sono trovato quasi male. Ma andiamo! C'è un uomo straordinario che in realtà era Dio e duemila anni fa è sceso in terra e ha fatto delle cose incredibili. Teologicamente improprio, ma la storia è più o meno questa. Però la cosa più grossa è un'altra: costui ti ama. Non lo senti? No, francamente... no. A me pare che siamo tutti mestamente, inevitabilmente soli. Non ho la fortuna - la grazia, dicono quelli che ci credono - della fede. Ora comunque voglio fare uno schema della giornata. Non rompetemi i coglioni. Mi sono alzato alle nove e sono salito sulla bilancia. Settantasette chili e quindi sono dimagrito, ma devo perderne almeno altri tre o quattro. Dopodiché, mi sono messo a fare una ricerca su internet durata quasi due ore per pubblicare un aggiornamento su un gruppo WhatsApp dove parlo degli orologi indossati dagli attori più famosi nei loro film. Sono uscito di casa con la mia vecchia, fascinosa Mercedes e l'ho parcheggiata accanto al bar dello stadio. Da lì, a piedi e nonostante l'anca destra che mi fa male, ho camminato per tre o quattro chilometri avanti e indietro dal centro della città, attraversando tutto il mercato. Per sei euro, da un pakistano o razza simile, ho comprato l'ennesimo paio di jeans neri. Sono della Shein, quindi plausibilmente tinti con qualcosa di più cancerogeno di una nube radioattiva. Avevo con me una vecchia moneta che secondo internet doveva valere qualcosa e l'ho mostrata a un negoziante, un ottico che si occupa anche di numismatica, così rozzo e unto che sembrava uscito da un magazzino di lubrificanti per cazzi di lattice. Ovviamente, ha detto che non valeva niente e così me ne sono andato. Sono poi entrato nel bar dove vado di solito perché mi riconoscono e avevo voglia di essere salutato. Ma una volta visto che non avevano il giornale sono andato da quell'altro, per fighetti, gestito da due sulla quarantina e prevalentemente simpatiche come un'insufficienza renale. C'era quella bionda, con le braccia rovinate dai tatuaggi e la pancia gonfia del secondo figlio. "Nascerà a luglio", ha detto senza badarmi troppo mentre infilava un paio di tazze nella lavastoviglie. Caffè americano raffreddato con latte e ciao. Di nuovo in strada ho incrociato un ragazzo africano - leggermente meno nero della morte - che si ricordava di me perché gli avevo comprato un panino. Ma avevo il portafoglio vuoto e gliel'ho mostrato. M'ha fatto un sorriso e se ne è andato. Ora io non è che non ritenga Hitler una persona ragionevole e degna di celebrazione ma va pure ammesso che da ragazzi come questo c'è molto da imparare. Sono degli eroi. Pochi metri dopo ho prelevato 50 euro dal bancomat e alla fine, bypassando il mercato sul marciapiede di lato non occupato dai banchi, sono ritornato all'auto. Ho incontrato anche M., che razzialmente sembra un marocchino ed è il padre di un mio coetaneo ginecologo che gira in Range Rover e guadagna millemila euro al mese, obiettivo che si era prefisso già ai tempi in cui l'unica cosa che contava era impennare con lo scooter. Assetato e dunque per bere un bicchiere d'acqua molto gassata, sono entrato anche nel bar lì accanto e ho incontrato L. Bassina, paffutella, stavolta non aveva le stampelle ma solo un'Heineken in mano alle undici e mezzo di mattina. Con grande orgoglio mi ha mostrato sul telefono la lastra post-operatoria dove si vedeva come le avessero messo due protesi femorali dalla testa fino a metà della diafisi dell'osso. Un'operazione tremenda. Le ho dato un pizzicotto sulla guancia per farle i complimenti e me sono andato. Ci sono vite molto peggiori della mia, voglio dire. Di nuovo a casa, ho caricato mio padre in auto e siamo andati a mangiare al bar di campagna che abbiamo preso l'abitudine di frequentare molto spesso da qualche mese a questa parte (e il bar è un piccolo business ma di quelli veri: ha 300 recensioni da 5 stelle!). Una volta tornato ho cazzeggiato un po' sul cellulare, preso la mia nuova bici usata ma da corsa, rossa fiammante - e sono andato in palestra. Tre chilometri con un paio di curvoni che di solito in auto faccio a ottantacinque esatti. Due ore di allenamento e ritorno. Trovo mio padre che con grande soddisfazione mi mostra d'aver risolto il problema dell'antenna della mia vecchia Mercedes: che adesso funziona con un tasto separato incollato sotto l'interruttore del GPL. Andiamo in garage a controllare che funzioni bene anche la bici perché - a me che non ci capisco un cavolo - pareva che si fosse bloccata una delle levette del cambio. Invece no, mi sbagliavo. Poi vengo qui, scrivo qualche messaggio WhatsApp a mister C. sempre per il solito cazzo di orologio e alla fine mi metto a scrivere questo diario. E fra poco esco. Vado a vedere un film che non mi piacerà solo per non stare da solo in casa. Troppo azzurro, dico io. E magari, fosse troppo azzurro. Invece è grigio, il mio colore preferito.
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