Veneta al microscopio

 È veneta. Ma sei lombarda o emiliana, le avevo chiesto. Ed era venuta a sedersi lei, di fronte a me e al mio grosso microscopio. Carina, sicuramente di ottima famiglia: capelli a caschetto leggermente lunghi, occhiali a montatura tonda color panna, pelle da ventenne, occhi castani, viso fine e gentile. Mai attribuire all'aspetto d'una persona le sue qualità morali: soprattutto con una donna. È  più pericoloso di farsi una colonscopia accanto a una vasca piena di squali. Costei vuol sapere se possiamo aiutarla con istologia, io e il mio compare orfano mollato dai genitori biologici russi e ora mezzo cieco, bruttino e buono come il fratello di Cristo. Ci casco e cerco di spiegarle qualcosa, così che pochi secondi dopo emerge che non mi ricordo quasi nulla. Epatociti... ma andatevene a cagare! A poche parole di distanza emerge che l'anno scorso, prima di entrare a medicina, si era fatta già l'esame di citologia e istologia a biologia, dove è, se possibile, ancora più difficile. Porca troia, chissà se è una porca troia. Intuisco il pericolo imminente e resto fedele al mio proposito precedente al suo arrivo: andarmene fra sei minuti. Palesemente delusa del non aver potuto trattenere di sua grazia il maschio migliore, finge con perfetto rovescio di volto di restare a parlare col russo rinnegato, che felicissimo e inane si reinforca sul naso gli occhiali pronto a qualunque cosa. Sono andato. Sento in me qualche milligrammo di testosterone che fa il giro del sangue. Uscendo, vedo che a volte posso fare la cosa giusta. Ma a questo punto vorrei tanto e solo una cosa: la nascita di un russo-veneto. Il figlio dell'istologia, di un amore che non doveva nascere. Di gameti che si incontrano senza darsi la mano ma facendosi la doccia insieme. Ciao, miss Innocenza. Per una volta essere vecchio è servito.

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