Effetti sparsi

Che posso dirvi? Sono stato deluso dalla dottoressa M. Occhi azzurri consumati dal tempo, capelli un po' biondi e un po' grigi, labbra volitive, bassa, siciliana e di movenze cazzose e irrigidenti. Ma non ho più voglia di scrivere, è quasi inutile. Come tutto il resto, sopra a tutto quando nessuno - letteralmente nessuno, neppure in ufficio - ti ha spiegato come devi lavorare. Nichilismo e libertà! Ora, voglio dire, sono appena tornato da R. Tre ragazzi: una stecca alta quasi quanto me e la faccia che ricorda un cranio spellato; un'altra col culo largo quanto la schiena e il viso da bimba benevola e un seno insignificante e un terzo, di cui non parlerò, perché è un ragazzo d'oro e l'unico che rispetto. Il mondo sta andando a puttane e quindi vorrei andarci anch'io ma ho una morale troppo pesante per concedermi una trombata in cambio di cento euro. Tutto è bugia, intendo. La cameriera del bar dell'area di servizio è grassa, compatta, spalle ampie e terza di seno, coperta regolarmente da un reggiseno bello rigido che sagoma le sporgenze sulla maglietta, in quel punto bianca quasi quanto la sua pelle. Non può avere più di venticinque anni. Le dico buongiorno e manco mi risponde. 

"Dimmi" 

"Un orzo grande" 

"Mmh? Come?" 

"Un orzo in tazza grande" 

Mette sul bancone un piattino di vetro. 

"Ti dispiace farmelo nella tazza bianca?" 

Fa un grugnito e toglie la tazza di vetro da sotto la macchina che lei, al lavoro da non più di un giorno, di solito usa per fare dei normali caffè. 

Arriva l'orzo, che serve guardando di lato e facendo sbattere la tazza sulla ceramica. Fuori il benzinaio si avvicina alla mia auto perché sono le 7 e ora, finalmente, può farmi il pieno di GPL. È molto più alto di me, sui venticinque anche lui. Noto che ha un bel bicipite, cazzo. Mi sa che fa palestra e che nel suo caso funziona. Venendo via un tizio sulla sessantina gli si avvicina ma non lo caga più di tanto. Hai visto che botto, eh?, chiede. C'è stato un incidente sul raccordo e questo deficiente con l'aria di un bambino felice cerca una spalla per gioire delle disgrazie altrui. Coglione, supercoglione, morirai anche tu fra non molto e probabilmente non bene. Chissà poi se il benzinaio la barista se la tromba nei bagni prima o dopo pranzo. Ma direi dopo, quando c'è il relax post-prandiale. 

E poi? Uh, quasi dimenticavo. Altro orzo in un bar di teste di cazzo proprio ieri. La barista è professionale e ha circa cinquantacinque anni. Mentre lo sorseggio lentamente da una scaletta dietro il bancone arriva il figlio che le chiede dove possa trovare una farmacia aperta. "Ho finito il Depakin", dice. Sento dentro di me un fremito che basterebbe a farmi invadere la Polonia. Vorrei dirle che il Depakin lo conosco bene, che suo figlio si sta fottendo il fegato per un problema che potrebbe essere risolto altrimenti. Ma perché, dopo tutto? Mica devo salvare il mondo. Silenzio. Ora il punto è che la psichiatra di Sicilia - che un anno fa mi salvò e ora mi ha spezzato - mi aveva prescritto il Depakin che poi sono riuscito a sospendere con una fatica immane. Ne era felice? Ma no, certo che no. Le si è rotto il giocattolo. A volte ha ragione anche Tom Cruise, ne gira un video di almeno vent'anni fa su Instagram. Lui ce l'ha col Ritalin ma il discorso è riferito a tutti gli psicofarmaci: mascherano il sintomo, non risolvono il problema. Dài, stronzi. Negatelo. 

Sì, oggi sono arrabbiato come domani. Forza vita! Prima o poi ti troverò. 


 

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