La decisione di morire

 C'è un divano rosso molto sgualcito e sopra ci sta dormendo uno che sta finendo la quinta chemioterapia che gli entra nel corpo magro e fragilissimo da un tubo di gomma che gli perfora la vena brachiale come un missile di precisione e tutto convinto gli arriva fin nella succlavia per poi discendere a cascata nella vena porta e infine al malandatissimo fegato: è l'unica persona che mi è rimasta al mondo e plausibilmente non durerà molto. Capisco ma in proposito voglio anche ricordare di avere una scorta piuttosto consistente di sale, una sostanza decisamente importante. Siamo sui cinquanta chili. Non so più cosa scrivere né perché respiro. Ma lo faccio comunque in ottemperanza a quell'orrendo mostro moderno chiamato abitudine. Amare, essere amato, innaffiare peschi, raccogliere sterpaglie, cambiare l'olio di una vecchia auto, perdere amici scoprendo all'improvviso la verità come una puttana vecchia nell'armadio, guadagnare sorrisi come rendite finanziare, flirtare con la barista scopabile solo da un veterano uzbeko privo di gambe, guidare di notte, indossare la mascherina per proteggersi dalle rotture di cazzo, sorridere alle infermiere di mezza età che lo fanno di lavoro e raccolgono i punti della Coop, andare da S. solo per parlare perché mi capisce e siamo sulla stessa frequenza, pensare a quel rotto in deretano che dirigendo una radio mi rifiutò perché non gli piacevo, ignorare il dolore, cercare il dolore, essere fottuto dal solito napoletano del cazzo, evitare come la morte la cena delle medie, guidare ancora di notte, studiare medicina sapendo di non potercela fare, prendere il treno in compagnia di altri derelitti maleodoranti, guardare la pubblicità come auto-inflizione di contenuti umilianti, masturbarsi su video pornografici in cui l'ennesima che si fa sborrare in faccia potrebbe essere già morta di cirrosi, ricordarsi di Chiara M, che ora probabilmente pesa centoventi chili, abita in un posto del vero cazzo e non si ricorda manco che faccia abbia, mangiare una pizza con l'ingegner B. e sfotterlo per la moglie dolce e femminile che pure fa la farmacista in ospedale e se le gira male ti fa una pozione che ti stermina in venti secondi, litigare col meccanico che non vuole metterti la macchina sul ponte, chiedere alla tua dottoressa ebrea per quale cavolo di motivo devi pagarti il farmaco che ti addolcisce un po' il dolore che ti tormenta la gamba da oltre cinque anni, diffidare della tua psichiatra di Sicilia col cognome più natale che esista, scambiarsi audio whatsapp con amici più bolliti di te, essere leggendari come eroi con la data di scadenza scritta sul perineo, conoscere alla perfezione l'andamento del peritoneo, non farsi problemi con l'ematopoiesi e neppure con l'inps, smettere di leggere in piena disobbedienza a quella torma di coglioni che assurgono la lettura ad auto-elevazione quando è solo masturbazione per infelici, andare al cinema anziché vedere di andare al cinema ed essere l'attore del film con tutti i vantaggi che ha vivere una storia già scritta da qualcun altro e farsene pure pagare, fare la coda alla CGIL per ottenere un assegno di invalidità, essere rimproverato da una succhiacazzi di vent'anni per una battuta più innocente di un passerotto zoppo, non interagire con essere che sia più umano di un commesso di ferramenta padana, parcheggiare a cazzo di cane solo per il gusto di ricordarti quanto erano falsamente belli gli anni Ottanta, evitare di ballare, soprattutto al buio, cercare conforto da un ateo piemontese fin nel midollo e tuo ex collega di dipartimento universitario e sentirsi rispondere che sì, posso farcela, ma probabilmente nel water, essere malamente traditi da uno psicanalista più coglione di un testicolo, intingere la propria disperazione in consumo matto e disperatissimo di pacchetti di patatine più cancerogeni del cadmio, osservare la respirazione cellulare come una madre morente, sapere di avere un talento letterario pressoché immane e condannante, evitare, sempre evitare, di leggere lessico psichiatrico o di ricordarsi di tutti i bei e dolcerrimi ricoveri in quegli stanzoni bianchi con le pareti imbottite da venti centimetri di gomma piuma, il poliziotto imbecille e appena assunto che mi dà una pacca sulla spalla mentre soffio nell'etilometro, l'operaio che ha soffocato la madre perché non ce la faceva più, la crostata che faceva schifo, i comunisti che con la loro esistenza provano l'inesistenza di Dio, l'odio per il povero Adolfo, cinque volte decorato durante la guerra più cruenta di sempre e perlopiù un ragazzo essenzialmente molto motivato e attento a tagliarsi i baffi, odiare, odiare e ancora odiare, così, giusto per restare vivi e flirtare nel terrore con madre morte pensandola madre e sapendola morte: è tutto, vostro onore. Posso andarmene.

Commenti

Post popolari in questo blog

Una giornata normale

Anestesia

Gli ultimi orrendi giorni della mia vita